In alcuni momenti, quando ci viene chiesto di descrivere o raccontare un’esperienza vissuta intensamente, arriva il blocco dello scrittore, come se si avesse un’infinità di cose da raccontare al mondo intero ma si faticasse a trovare le parole che ritraggano in modo perfetto ciò che si è vissuto in una sola settimana. Ed è proprio questo che si prova una volta tornati da Taizé.

Questo piccolo villaggio francese, situato nelle immense campagne della Borgogna, racchiude al suo interno una comunità cristiana monastica ecumenica internazionale fondata nel 1940 da frère Roger che, da alcuni decenni, attira migliaia di persone provenienti da tutto il mondo. Un flusso umano continuo composto da diverse culture, storie e generazioni che popolano e colorano le viuzze di questo piccolo paesino da cartolina.

Se dovessi scegliere un’immagine per descrivere questo luogo userei quella di un grande cuore pulsante che contraendosi accoglie ogni settimana migliaia di persone, le quali (per periodi di differente durata) vivono e respirano il clima fraterno ed essenziale caratteristico di questo posto. Una volta terminata la loro esperienza, questo flusso umano si propaga lontano dal cuore tornando nelle proprie case con la voglia di condividere ciò che si è vissuto di prezioso.
Cosa accade all’interno di questo cuore? Le attività che si svolgono in questa piccola comunità sono molteplici e scandite dai momenti di preghiera ordinari e straordinari condivisi quotidianamente con i frères nella chiesa. Durante la giornata è possibile confrontarsi su temi biblici guidati da un frère divisi in piccoli gruppi per fasce d’età, partecipare a workshop che affrontano varie tematiche d’attualità attraverso l’intervento di autorevoli relatori. Il regolare funzionamento di questa esperienza è possibile grazie al lavoro dei numerosi volontari che offrono il loro aiuto per le differenti mansioni da svolgere: dall’accoglienza alla distribuzione dei pasti, dalle pulizie alla manutenzione della chiesa, dal servizio informazioni alla gestione del bar e del piccolo negozio che vende l’oggettistica prodotta dai fratelli della comunità.

Ed è proprio nella semplicità della quotidianità che ci si sente accolti e oggetto di cura, si costruiscono dialoghi e confronti con persone che hanno differenti storie, culture e confessioni cristiane; acquisendo la consapevolezza che la meraviglia e la bellezza nate nell’incontro con l’altro ci portano alla scoperta del tesoro nascosto in noi stessi. Così tra momenti intensi di silenzio e piccoli gesti di gentilezza abbiamo avuto la fortuna di conoscere una piccola realtà che, spogliata dalle sovrastrutture della contemporaneità, cresce e vive respirando fiducia e speranza dalle persone che la incrociano durante il cammino della loro vita.

Cosa rimane dopo questa esperienza? Una leggerezza nel cuore, nata dalla consapevolezza che anche il più piccolo e umile gesto può dare il via a qualcosa di grande e importante che può lasciare il segno nella storia. Dopotutto, alcuni decenni fa, nessuno avrebbe mai creduto o pensato che un giovane ragazzo, in un paesino trascurato, aprendo la porta della chiesa a profughi ed ebrei durante il secondo conflitto mondiale, avrebbe potuto dar vita a tutto questo!

FEDERICA NOVALI

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